|
La meravigliosa storia
della Fotografia 3
3
Daguerre: fortunato
e molto furbo
|
|
Ma chi era Daguerre? Dominato fin dall'infanzia
dalla vocazìone per la pittura non aveva saputo resistere alla
vita di impiegato dell'ufficio imposte indirette dove le
aspirazioni paterne l'avevano confinato. Abbandonato il paese
natale, Cormeilles, per tentare la grande avventura di Parigi,
divenne allievo di un famoso scenografo, ne seguì le orme
acquistando ben presto perizia e fama. Nessuno meglio di lui
sapeva mascherare con accorgimenti pìttorici le numerose e
grossolane macchine di scena; nessuno, agli inizi del secolo
scorso, conosceva come lui l'arte di sedurre gli spettatori con
gli artifici della prospettíva. Si compiaceva soprattutto nel comporre paesaggi vaporosi, effetti di tramonti e di notturni
lunari, le scene pìù solenni della natura.
|
Louis
Jaques Mandè Daguerre
(1787-1851) |
|
|
Una trovata di Daguerre è rimasta memorabile.
L'11 luglio 1822 aprì al pubblico uno spettacolo assolutamente
nuovo per quell'epoca e pieno di sorprese e di illusioni: il
Diorama che fece furore per diciassette anni, fino a quando, il 3
maggio 1839, un incendio lo distrusse in meno di due ore.
Ricostruito poco tempo dopo fu per un nuovo sinistro ridotto in
cenere una seconda volta. Il Diorama era una sala circolare capace
di contenere 350 persone. Lo spettacolo consisteva nella
presentazione, su una piattaforma girevole, di vedute dìpinte su
tele di cotone trasparenti. Queste erano disposte prospetticamente
su una profondità di 15-20 metri.
Ogni
quadro poteva raggiungere la lunghezza di 22 metri e la larghezza
di 14 ed era ìlluminato in modo da ottenere un gioco di ombre e
di chíaroscuri capaci di riprodurre con fedeltà incredibile
tutti gli effetti della luce in natura, cioè rappresentare, per
esempio, un paesaggio o un interno immerso nel sole splendente o
nella nebbia o nella penombra del crepuscolo. Il pubblico poteva
assistere perfino alla scena suggestiva della chiesa di Saint
Etienne du Mont che man mano si illuminava per la celebrazione
della Messa di mezzanotte con l'entrata dei fedeli. Altre
rappresentazioni rimaste famose furono i panorami del Monte Bianco
e dell'isola di Sant'Elena e della basìlica di San Pietro a Roma.
Condotto dai suoi studi di pittura, di prospettiva e di ottica, di
fronte al problema del fissaggio delle immagini ottenute per
azione del sole, Daguerre aveva appreso, nel gennaio del 1826, che
questo problema era stato rìsolto già da qualche anno da Niepce.
Era subito entrato ìn corrispondenza con lui ottenendone diversi
saggi di eliografia su piastre di stagno o di rame. Niepce, a sua
volta, aveva espresso il desiderio di conoscere i risultati di
analoghi esperimenti annunciati da Daguerre. Ma questi non volle o
non potè inviargli in cambio nessun campione dei propri lavori,
benchè continuasse ad affermare di aver scoperto un procedimento
diverso da quello di Niepce, anzi superiore. Al primo incontro tra
Niepce e Daguerre del 1827 ne seguirono altri, sempre più
frequenti, finchè, avendo Daguerre affermato di avere apportato
alla camera oscura un perfezionamento considerevole tale da
costituire un procedimento più semplice e sicuro per il fissaggio
delle immagini, Niepce gli propose di unire i loro sforzi per
imprimere alle loro scoperte un progresso più rapido e
assicurarsene ì benefici.
Il 5 dicembre 1829, a Chalon-sur-Saòne. Niepce, che ha 64 anni, e
Daguerre che ne ha 30, firmano un contratto di associazione che
comincia con queste parole: "Il signor Niepce, desiderando
fissare con un nuovo mezzo, senza ricorrere a un disegnatore, le
vedute che offre la natura, ha compiuto ricerche in proposito.
Numerosi esperimenti che provano questa scoperta ne sono il
risultato. La scoperta consiste nella riproduzione spontanea delle
immagini ricevute nella camera oscura. Il signor Daguerre, al
quale egli ha rivelato la sua scoperta, avendone valutato tutto
l'interesse, tanto più che essa è suscettibile di un grande
perfezionamento, offre al signor Niepce di unirsi a lui per
giungere a questo perfezionamento e di associarsi per trarre tutti
i vantaggi possibili da questo nuovo genere di industria ".
|
Una
delle prime eliografie eseguita da Niepce nel 1829 stendendo
bitume di giudea su vetro. Cliccare sull'immagine.
|
Messo al corrente sui dettagli del procedimento eliografico
di Niepce, Daguerre lo perfezionò grandemente, al punto da
meravigliare lo stesso Niepce. Il giovane inventore cominciò
anzitutto a sostituire il bitume con una sostanza più untuosa, la
resina, che ottenne distillando essenza di lavanda sciolta in
alcool. Poi, invece di lavare la lastra, la espose a vapori d'olio
di petrolio. Il vapore si condensava in goccioline sulle parti
rimaste in ombra, le scioglieva e le rendeva trasparenti: mentre
non intaccava le parti esposte alla luce, che conservavano la loro
morbidezza naturale e riproducevano anche le parti chiare
dell'immagìne. " E' così - disse Daguerre - che
sono riuscito a ottenere, mediante l'azione più o meno accentuata
del vapore sulla sostanza, la gradazione delle tinte ".
Oltre un anno di collaborazione con Niepce è
ormai trascorso, quando a Daguerre capita il proverbìale colpo di
fortuna. Non si tratta di un lampo di genìo, ma di qualcosa di
molto più semplice. Daguerre, per puro caso, dimentica un
cucchiaio su una lastra argentata, preparata con joduro. Dopo un
po' di tempo, sì accorge che sulla lastra è rimasto,
nitidissimo, il disegno del cucchiaio. Ciò gli basta per
afferrare un dato di fatto: la sensibilità dello joduro d'argento
alla luce. Ma proprio in quel tempo (è il 1833) Niepce viene a
mancare, colpito da trombosi cerebrale. Muore povero e ignorato.
Presto sarà anche misconosciuto.
Daguerre seguita a esporre, per molte ore, le lastre preparate con
joduro d'argento. Ed ecco il secondo colpo di fortuna. Un giorno
il cielo è nuvoloso, il sole non esce, anzi minaccia di piovere.
Daguerre toglie le lastre dalla finestra e le sistema in un
armadio.
Quando va a ritirarle, qualche giorno dopo, si accorge con
enorme sorpresa che, dopo una esposizione assai breve, di appena
quindici minuti, esse danno immagini limpide, già fissate e
sviluppate.
Daguerre capisce che dentro l'armadio, ripostiglio di
numerose miscele chimiche, si deve trovare la spiegazione di quel
miracoloso effetto. C'è stato qualcosa che ha sviluppato
l'immagine in breve tempo, risparmiando la penosa esposizione,
lunga ore, alla luce del sole.
Con tentativi elementari ma pazienti, prova tutte le soluzioni che
ha nell'armadio. Ogni giorno, sperimenta con il contenuto di un
diverso barattolo e lo elimina quando si avvede che non dà i
frutti sperati. Non mette molto tempo a scoprire che la causa di
tutto è stato un recipiente di mercurio, dal quale si
sviluppavano, entro l'armadío, vapori aventi la proprietà di
svelare e fissare definitivamente l'immagine.
I perfezionamenti da lui escogitati sono tanto
considerevoli che ormai egli giudica essere venuto il momento di
farsi conoscere come l'unico inventore della nuova arte. Nel
contratto da lui firmato con Níepce nel 1829 era scritto: "Articolo
1: vi sarà, tra i signori Niepce e Daguerre, società sotto
ragione di commercio "Niepce-Daguerre", per cooperare al
perfezionamento della scoperta, inventata dal signor Niepce e
perfezionata dal signor Daguerre. Articolo 2: in caso
di morte di uno dei due assocìati, la detta scoperta non potrà
mai essere resa pubblica che sotto i nomi designati nell'articolo
precedente ". Niepce muore nel 1833, colpito da trombosi
cerebrale. Muore povero ed ignorato: ben presto sarà anche
misconosciuto.
Quattro anni dopo Daguerre impone al figlio del
socio un nuovo contratto e gli fa firmare questa dichiarazione: "Io
sottoscritto dichiaro con il presente scritto, che il signor Louis
Jacques-Mandé Daguerre mi ha fatto conoscere un procedimento di
cui è inventore... Questo nuovo mezzo ha il vantaggìo di
riprodurre gli oggetti dieci o venti volte più rapidamente di
quello inventato dal signor Joseph-Nicéphore Niepce, mio padre...
In seguito alla comunicazione che mi ha fatto, il signor Daguerre
acconsente ad abbandonare alla società il nuovo procedimento di
cuì è inventore e che egli ha perfezionato, a condizione che
questo nuovo procedimento porti solo il nome dì Daguerre ".
E' questa appunto l'origine del nome francese daguerrotype, da cui
l'italiano dagherròtipo.
(Continua)
RIPRODUZIONE
RISERVATA - LA RIPRODUZIONE DI QUESTO ARTICOLO E' VIETATA
ALL RIGHTS RESERVED
La meravigliosa storia
della Fotografia 4
|
|
|
|
|